giovedì 18 aprile 2024

Quando e cuore: perché "qu" e perché "cu"?

 


N
el sito della Zanichelli, “Aula di lingue”, leggiamo: 

cu/qu/cqu: 

→ si usa cu quando è seguito da consonante: cumulo, curva; 

→ si ha cu o qu senza regole quando sono seguiti da vocale, in caso di dubbio è necessario consultare il dizionario: cuore, proficuo, innocuo, equestre, conquista, quale ecc.; 

→ il raddoppiamento di cu/qu è cquacqua (e i suoi derivati), acquisto, (fanno eccezione soqquadro, taccuino); 

• zzz → la lettera z di solito non si raddoppia davanti alle desinenze -ione, -ia, -ie, -io, tranne che nella coniugazione verbale e nelle parole derivate: addizione, eccezione, spezie, equinozio, profezia, ammazziamo, pazzìa. 

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Abbiamo l’impressione che ci sia un po’ di confusione che… confonde le idee. Vediamo le regole che… regolano le varie grafie (cu o qu e z semplice o doppia). 

Cominciamo con “cu” o “qu”. All’inizio di parola (o all’interno) sempre “qu” se dopo la “u” c’è un’altra vocale: quaderno, questo, quindi, allorquando. Eccezioni: cui, cuocere, cuoco, cuoio, cuore. Scriveremo “cu” se la “u” è seguita da una consonante: cucina, cugino, cultura, custode. Per non sbagliare è utile anche risalire all'etimologia della parola, come nel caso di "innocuo" e "cospicuo" che non prendono la "q" nonostante la "u" sia seguita da un'altra vocale. I due termini, infatti, vengono dal latino "innocuus" e "conspicuus".

Zeta (semplice o doppia). Si hanno due zete (sic!) davanti a una vocale semplice (pazzo) si ha una sola zeta, invece, davanti a due vocali: azioneabbazia. Le eccezioni sono quasi inesistenti: razzìa e pochissime parole derivate da altre che al loro interno ne contengono due, per la “regola” sopra citata: pazzia (da ‘pazzo’); corazziere (da ‘corazza’), razziale (da 'razza'. rara, ma non errata, la grafia raziale). Un’altra “regola”, e questa riguarda anche la doppia “g”, stabilisce che tutte le parole che finiscono in “-ione” prendono una sola “z” e una sola “g”: stazionepromozione, provvigionestagione.


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La lingua “biforcuta” della stampa 

IL PROCESSO 

Se vogliamo colpire sappiamo come fare”: minacce a un consigliere, chiesto il giudizio immediato per la sindaca Viterbo e il marito 

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Dubbio atroce: si tratta della sindaca di Viterbo o Viterbo è anche il nome della sindaca? 

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IL PARERE 

Autodemolitori, il Mic boccia la proposta del Comune di portarli a La Barbuta 

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Quanti sono gli autodemolitori, cioè le persone, da portare a La Barbuta?  

In lingua italiana: autodemolizioni. 











Un'autodemolizione



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)



 

 
 


 

mercoledì 17 aprile 2024

Sgroi – 174 - “CatEratta” o “catAratta”?



 di Salvatore Claudio Sgroi 


1. Dubbio amletico

Mi era capitato di scrivere su un foglio il termine “catEratta” (dell’occhio), ma mia moglie mi aveva fatto notare che bisognava invece dire “catAratta”. 

Devo dire che tra le due forme quella per me naturale, istintiva, è “catEratta” (dell’occhio, come le cateratte del Nilo, del fiume). Da qui la curiosità di verificare nei dizionari lo stato dell’arte, a partire dall’etimologia. 

2. La catAratta/catEratta nei dizionari 

Il De Mauro 2000 registra cataràtta s.f. con due accezioni: “1. TS med. perdita o diminuzione della trasparenza del cristallino, per invecchiamento, traumi o intossicazioni 2. BU cateratta”, datato 1830 e come “ETIMO: propr. var. di cateratta”.  

Lo stesso dizionario lemmatizza anche cateràtta s.f. polisemico: “s.f. 

1. CO serie di piccole cascate alternate a sporgenze rocciose: le cateratte del Nilo 

2a. OB TS idraul. sbarramento per regolare il passaggio di un corso d'acqua 

2b. TS stor. nel Medioevo, porta di castelli e città, costituita da una cancellata di ferro o da pesanti travi, che veniva calata e sollevata mediante un sistema di catene o funi scorrevoli 

3. TS med. non com.  cataratta (con data sec. XIV Pietro Ispano, volgar. nel Cortelazzo-Zolli che lemmatizza cateratta, a cui rinvia sotto cataratta), 4. LE spec. al pl., scrittura magica, segno magico: scrisse in su quella carta certe sue frasche con alquante cateratte (Boccaccio)”, datato “ metà XIII sec. nell'accez. 2b”, come greco-latinismo “dal lat. cataracta(m), dal gr. katarráktēs propr. ‘che precipita’, cfr. katarrássō ‘getto giù’”. 

Lo Zingarelli 2023 registra cataratta con rinvio a cateratta. E poi il lemma “cateratta o cataratta” con stesso etimo greco-latino, e 5 accezioni con gli ess.: 1. Le cateratte del Nilo, datata 1290, 2. Aprire, chiudere le cateratte, 3. “med.: più comune cataratta”, cataratta congenita e altri 2 arcaismi.  

Il Treccani-Simone 2009 e Devoto-Oli 2023 lemmatizzano entrambi “cateratta o cataratta” e “cataratta v. cateratta”.

Il DOP, Dizionario italiano multimediale e multilingue d’ortografia e di pronunzia, Seconda edizione multimediale (2024), registra “Cateratta [kateràtta] s. f. — anche cataratta [kataràtta], forma oggi prevalente nel sign. di «malattia dell’occhio», ma antiq. negli altri significati".

Il Garzanti 2017 riporta “cateratta non com. cataratta” con la Nota: “Questa parola ha due forme, tutte e due presenti nell’uso: però la forma cateratta è più diffusa nell’uso comune, mentre cataratta è la forma più usata negli ambiti medici”.  

Il Sabatini-Coletti 2008 registra “cateratta meno freq. cataratta”. 

3. Perché la variante catEratta? 

Il Sabatini-Coletti 2008 è il solo a spiegare la variante cateratta, indicata come si è notato in quasi tutti i dizionari come la più comune. Ovvero “in cateratta [si è determinata la] chiusura di -a pretonica davanti a -r-”. 

Aggiungiamo ora la pressione paradigmatica esercitata da ben 400 lemmi contenenti la sequenza -tera-, stando al De Mauro (2000), mentre appena 67 sono quelli con -tara-. 




 


(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)